E così, ciò di cui andavo cianciando nel precedente post (di secoli fa, oserei dire) è venuto fuori da quella nuvola di pensieri e nebbia e ha acquisito una sua forma: il mio primo romanzo, dopo la quantità di scarsi racconti con cui ho riempito questo blog, è nato.

Il suo nome, come potete intuire dal titolo di questo post, è “Italia Tua”, è per ora in cerca di un editore, ma è già in vendita sui famosi siti di book-on-demand. Ed eccovi qui i link:

-Da lulu.com, il link alla mia personale “vetrina autore”: http://www.lulu.com/spotlight/Shadowman985 Da qui potete acquistare sia la versione cartacea che l’e-book, a prezzo molto inferiore e senza alcuna spesa di spedizione.

-Da ilmiolibro.kataweb.it, link diretto al libro:  http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=630038

Avendo entrambe le copie a casa, posso azzardarvi una “recensione tecnica”: devo dire che le copie di lulu hanno una buona carta, e la stampa è chiara senza alcuna imperfezione. Peccano per il formato, un po’ insolito, e un po’ la copertina, forse troppo rigida e di tipo lucido (non che sia un difetto questo, ma per un romanzo preferisco la copertina opaca, come molte collane dei vari editori, come ad esempio Oscar Mondadori piuttosto che Newton-Compton e via discorrendo). Ottima la costina, così, tanto per essere precisi…! Ho provato in passato una stampa con copertina rigida con sovraccoperta ed è invece davvero ottima, tranne per il formato, piuttosto gigantesco. In futuro la userò per altre mie “idee”, statene certi…!

Per quanto riguarda la copia de ilmiolibro, i caratteri sono appena più “chiari” rispetto a quelli di lulu.com, il formato è però buono (ancora un po’ troppo piccolo, ma le proporzioni sono più gradevoli), e la copertina è ottima (opaca, inizialmente rigida ma dopo averla aperta qualche volta si sfoglia che è una meraviglia). Peggiore il loro programma per creare le copertine rispetto a quello ottimo di lulu, ma rimboccandosi le maniche e con qualche immagine creata prima con il caro Photoshop, si ottengono risultati più che egregi.

Per quanto riguarda il libro, beh, che aggiungere alla breve presentazione scritta sui due store appena linkati?

Siete stanchi di come vanno le cose? Siete stanchi della pubblicità, siete stanchi delle promozioni speciali, degli strumenti per gli addominali, dei politici mangioni, della televisione, stanchi di un sistema monetario che vi prende in giro giorno dopo giorno? Avete bisogno di cambiare, tutto, ma non avete il tempo e la forza? Beh, provate allora a partire con i protagonisti di Italia Tua, forse il viaggio vi piacerà…o forse, vi verrà la voglia di fare qualcosa in più.

Bene, vi lascio a questo punto con la copertina del libro, che manco a farlo apposta (si, lo so, l’ho fatto apposta via…!) è la stessa immagine presente nel post precedente…debitamente modificata…e vi dirò di più: è anche un luogo toccato dal viaggio dei protagonisti del mio romanzo…Beh, direi un ritorno soddisfacente per il mio blog…!

Aloha!!

In fondo mi diverto a parlare ai muri.

Sapendo che questo fazzoletto telematico non è più frequentato né utilizzato da nessuno, sembra piuttosto inutile postare qualche aggiornamento.

Ebbene, un giorno, spero, questo blog tornerà a vivere, sempre su queste pagine o magari fondando qualcosa di nuovo.

Per ora, rimane congelato, come mi diverto a definirlo.

A parte i grandi impegni (cercare di diventare medico chirurgo specializzando in neurochirurgia in questo paese non è affatto un bel compito), il resto del tempo libero sto cercando di impegnarlo in un progetto molto più grande dei soliti racconti brutti che fino ad ora ho tirato fuori. Per adesso, con gran lentezza, riesce comunque a crescere.

La scaletta è stilata, i contenuti sono scritti in modo mediamente approfondito, alcuni capitoli ci sono già, e sto raccogliendo materiale che può aiutarmi in modo concreto…Sperando che tutto ciò si velocizzi, e che io sia di ritorno su questi lidi in brevi tempi, magari durante la lunga ricerca per un eventuale editore (altra cosa impossibile in questo paese…ma c’è pur sempre lulu.com…), sempre che il progetto vada in porto ovvio, vi rimando a un posto in cui raccoglierò parte del materiale che mi sta aiutando in questo arduo compito, ovvero il mio album su Flickr.com.

Ho aperto un account proprio pochi giorni fa, in onore della prima gita in solitaria per inaugurare la mia nuova reflex digitale, una Pentax K-r.

Vi avverto fin da subito che sono alle primissime armi nel campo della fotografia, e per ora oltre a queste immagini fatte con la nuova splendida reflex, posterò anche qualcosa proveniente dal passato, i migliori scatti ottenuti con la mia modestissima compatta ma cara compagna di viaggi, una Kodak Easyshare M883 Zoom.

Sono mediamente bravo anche Photoshop, ma per ora cercherò di postare solo e soltanto immagini non modificate, a parte forse solo un paio che posterò il mese prossimo (a meno che io non passi ad un account pro, ma non penso).

Bene, non mi resta che lasciarvi (si, ma a chi?!) il link, eccovelo qui:

http://www.flickr.com/photos/pictures-at-an-exhibition/

A presto spero, ed eccovi una piccola anteprima, che ci sta sempre bene, la foto per ora più popolare tra quelle messe su, ma c’è di meglio, sappiatelo!

Aloha!

Thalamus

Pubblicato: 10 novembre 2010 in Riflessioni di una vita vissuta

Sento di nuovo, quasi nostalgico, le lame che entrano nella mia carne.

C’è una piccola differenza devo dire: lo fai senza rendertene quasi conto, sei come una bambina distratta, forse anche quello riscalda quell’acciaio così freddo, rende quell’azione dolce, a momenti.

Mi parli, ti accerti che io sia ancora lì, attento ad ogni tua parola, perché non hai mai avuto qualcosa del genere, ma come ogni essere umano fai finta di non rendertene conto e te ne approfitti, colpisci.

Affondi, perché ti fa sentire superiore. E il fatto che io sia ancora lì ti fa sentire desiderata. Ciò di cui hai bisogno.

E siamo ancora qui sospesi in attimi che qualcuno denominerebbe indimenticabili, anche se hanno quella componente opportunistica, da entrambe le parti, che li svilisce non poco.

Se solo tu avessi chiuso gli occhi per vedere, per poi aprirli, una volta per tutte. Hai scelto l’orgoglio, e ora bruci tra le fiamme che hai generato.

Puoi colpirmi quante volte vuoi, puoi andare a fondo quanto ti pare, ho talmente tanta pelle, talmente tanti abiti da indossare, tante maschere, che non mi colpirai mai.

E potrai riprovarci, tornare alla carica, sarò pronto, qualsiasi cosa tu voglia farmi, qualsiasi strada tu decida di intraprendere.

E se prima potevo almeno tuffarmi in un’illusione, ora tu hai anche succhiato via quel poco d’acqua che c’era.

L’hai voluto tu.

 

Non corro più rischi, no.

Anzi, assaporo già la prossima preda, sperando di non sbagliare, questa volta.

Guarda ciò che siamo diventati ora, siamo soli.

Siamo tutto ciò che ci rimane. Cioè cosa?

New Life?!

Pubblicato: 28 settembre 2010 in Senza categoria

Non male…Son lì che mi dico “mah, rientriamo in quel bistrattatissimo blog, magari qualcuno ha lasciato un qualche ricordo, un po’ di spam o qualcosa del genere…” e che ti ritrovo? Che se so messi d’accordo con wordpress e ora il blog è diventato alquanto più serio, miglioramento che dovevo fare io già da un bel pezzo insomma…chissà che con questa novità non mi ritorni ulteriormente la voglia di scrivere…magari tolgo pure un po’ di tempo alla tesi per buttare giù qualche pensiero…stay tuned…!

Follow. Not Me.

Pubblicato: 15 aprile 2010 in Looking through the Mirror
Follow. Not Me.

Segui

fantasmi che vivono non certo per te.

Segui paure già morte

innanzi a un futuro di nebbia.

Segui le tue credenze divine

create da qualcuno sol per te.

Seguile pensando che siano libere,

seguile pensando siano tue,

pensando sia la ragione a crearle.

Avresti dovuto seguire

il tuo encefalo che scappava

anni addietro.

Ubriacato da parole di zucchero

urlate da un pulpito

di sangue ebbro.

Segui

specchi che parlano sperando

che i tuoi occhi non li ingannino,

che le tue parole non li frantumino.

Segui donne finte spose

di un solo marito

che forse non esiste nemmeno.

Segui obblighi che non vuoi avere

ma che ti hanno imposto

e ora credi che ti appartengano.

Segui tradizioni sbagliate

ma giuste solo perché tradizioni.

Seguo le tue critiche e le tue parole

per comprendere che sei perfetta

in tutto quel che fai, in tutto.

È per questo che mi allontano.

Segui.

Segui tutto quello in cui credi.

Segui tutto ciò di cui hai bisogno.

Segui la tua strada.

Ma non seguire me.

 

 

(Per la “puntata precedente”, ecco il link: http://shadowmind.spaces.live.com/blog/cns!16C549492C1149B7!2366.entry )
Mud: “Jon? Che cavolo ci fai qui?”
Jon: “Beh, perché Mud? Insomma, passavo di qui, trovo il mio amico e penso bene di fermarmi per scambiare due chiacchiere. Ti sembra tanto anormale?”
Mud: “Oh no, figurati. È solo una sensazione strana, non so come spiegare, come se tu non dovessi essere qui, come se la tua figura nitida davanti ai miei occhi in realtà fosse solo un artefatto visivo. Bah, solo una sensazione strana, non farci caso, te l’ho detto”
Jon: “Beh, farò come dici allora…! Ebbene, che fa il mio amico tutto solo qui, seduto su di una panchina nel parco? Ti limiti a fissare il vuoto?”
Mud: “Penso.”
Jon: “Eh si, il mio amico è un pensatore!”
Mud: “Penso alla gente, penso alle persone, quante ne ho conosciute…”
Jon: “Beh, è la vita Mud, capita a tutti, almeno di vederne tante, poi conoscerne è un altro discorso…”
Mud: “Ecco, hai colto il punto. Conoscerli è difficile. Bisogna penetrare il pensiero altrui, andare a fondo. Ma proprio andando a fondo, scavando fino all’ultimo stadio raggiungibile, ci si rende conto che in fondo siamo tutti uguali. Per quanto facciamo di tutto per differenziarci l’uno dall’altro, o almeno per quanto sia auspicabile come cosa, ma non attuata da tutti, anzi attuata sempre da meno persone, ordunque per quanto possiamo provarci, rimaniamo sempre degli agglomerati di svariati tessuti, dei solidi mobili, mortali. Futuro Rifiuto Organico.”
Jon (con sguardo stranito): “…Mud?”
Mud: “Pensaci Jon, se dovessi trovare un leone morto qui in città davanti ai tuoi occhi cosa faresti? Chiameresti le autorità? Che so, il WWF, qualche ambientalista, il governo, la Nasa?! No, andresti via, magari spaesato per il fatto di aver trovato una bestia del genere in una città, al massimo se provassi un forte amore per la tua città potresti provare a spostare quel cadavere nel cassonetto dei rifiuti organici più vicino.
E se trovassi un uomo morto? La legge ti dice che, anche se si tratta di un cadavere, devi avvisare le autorità, altrimenti rischi grosso addirittura. Ma che bisogno c’è? È finito, deceduto, morto, scomparso. La sua sorte dovrebbe essere uguale a quella di tutti gli altri animali, quindi potresti benissimo cestinarlo. Rifiuto organico anche lui.”
Jon: “…Mud…stai impazzendo?”
Mud: “Mi successe da bambino, con degli amici trovammo un serpente nero, molto molto lungo, morto stecchito. Un vecchio passò e con un bastone lo spostò nell’immondizia. Ai tempi la differenziata non esisteva nemmeno, quindi quella povera bestia finì in un ben poco venerabile cassonetto dell’indifferenziata. Quella si che si può chiamare cattiva sorte, brutta fine in vita e brutta fine anche in morte…!”
Jon: “Mud davvero, ti senti bene? Perché mi dici questo??”
Mud: “Oh niente amico mio, non farci caso. Andiamo via su, torniamo a casa.”
Jon rimase ancora incredulo, e con la bocca ancora un po’ aperta seguì il consiglio di Mud. I due si alzarono e senza dire una sola parola si incamminarono entrambi nella stessa direzione. Dopo un po’, passando davanti all’immondizia, Jon venne spinto con forza da Mud all’interno del cassonetto dei rifiuti organici. L’attacco fu improvviso, e Mud, molto più corpulento del suo amico, lo sollevò con forza afferrandolo dalle gambe dopo averlo strattonato per fargli perdere l’equilibrio. Una volta fatto entrare Jon in quel puzzolente posto chiuse il cassonetto bloccando i supporti laterali dell’unica uscita e posizionando vari massi sul portello, massi molto grandi, presi nel parco stesso e spostati con molta fatica.
Jon cominciò a gridare e a picchiare con tutta la forza contro le mura di plastica spessa della sua nauseante prigione.
Mud: “Non preoccuparti, non sarà così doloroso, dopo un po’ ti abituerai anche alla puzza. Oh si, vomiterai più volte, è normale. Un po’ per la puzza, un po’ perché vedrai animali che normalmente considereresti “poco consoni”. Ma vedrai, anche loro non fanno altro che provare a campare, procacciandosi cibo, fanno quel che possono.” In quell’istante Mud sentì chiaramente Jon vomitare “oh ecco bravo, vedi? È il primo passo verso l’assuefazione, tra non molto non avrai più niente da vomitare, e aspettando un po’ di più sarà tutto finito, non preoccuparti”.
Jon continuò a dimenarsi, con la voce soffocata dal vomito e dai residui alimentari. La voce di Mud, dopo quell’ultima battuta, non si sentì più.
Qualche giorno dopo i cassonetti furono ritirati. Gli operatori ecologici si resero conto della presenza del cadavere dell’uomo solo per caso, una volta in discarica. Non ci fecero molto caso. Per ovvi obblighi, uno di essi fece una svogliata telefonata alle autorità competenti per segnalare l’accaduto.

Love?

Pubblicato: 7 settembre 2009 in Looking through the Mirror
Hmmm…l’ho messa giù da un bel po’, e non sapevo sinceramente se inserirla sul blog o meno…potrebbe risultare anche un po’ imbarazzante…ma vabbè, fa il paio con le altre poesie messe su un bel po’ di tempo fa…e poi, questo "angolo di Limbo" oramai viene aggiornato talmente tanto poco, che un nuovo interventucolo ci sta anche bene…beccatevela va, fateme sape’…
 
 
 
 

Amore?

Vago

Nel buio della folla morta

Io non ti conosco,

Ma cerco almeno il tuo sorriso.

Cerco

Di captare almeno il tuo aspetto,

Io non ti ho mai vista

Ma vorrei sentire di nuovo il tuo profumo.

E vorrei riascoltare

Le tue mille voci,

Così soavi, piacevoli,

Eppure così sconosciute.

Vorrei sfiorare la tua pelle

Che per me non esiste,

Toccare i tuoi capelli

Per scoprire di cosa sei fatta.

Scoprire

Se sei solo una nuvola di vapore,

O se le mie nuvole

Ti nascondono, cupide.

E chiudo i miei occhi

Per poter guardare nei tuoi,

Per poter svelare i segreti

Di un etereo mistero.

E dormi ogni notte nei miei sogni.

Ti chiamo, ma non rispondi.

Gli Aldilà – Capitolo 5

Pubblicato: 26 agosto 2009 in Gli Aldilà
E finalmente, siamo alla fine di questo raccontino brutto Sorpresa
 
 
 
Capitolo 5

 
Si limitò ad aprire gli occhi, quella volta riuscì a trattenersi. Nessun balzo, nessuno spavento. Le sue pupille non subirono l’impatto di quella che normalmente rappresenta la realtà mattutina ma che da un periodo indeterminato scatenava una paura incontrollata.
Stavolta tutto sembrava vero.
Un brivido gli passò lungo la schiena, ma un brivido che per lui significava come una sorta di liberazione. Accennò un sorriso, approfittò di quel solletico lungo la schiena per stiracchiarsi e alzò le lenzuola fin sotto ai suoi occhi. Si sentiva felice.
Si alzò a sedere sul letto, e guardò la finestra del salotto, proprio di fronte a lui: chiusa, proprio come l’aveva lasciata prima di mettersi a letto, e da ogni spiraglio filtrava la luce del mattino. Poteva sentire gli uccelli cinguettare all’esterno, proprio come ogni mattina della sua esistenza.
Quell’ultima prova gli infuse tutta la felicità di cui aveva bisogno, tirò via le coperte e lanciò un urlo di felicità che rimbombò in tutto il suo piccolo appartamento. Finalmente quell’enorme masso fatto di dubbi e di parole strane aveva abbandonato il suo morbido letto. Finalmente si era svegliato, per davvero.
Vuotò tutti i suoi polmoni, come per essere sicuro di abbandonare ogni goccia, ogni briciola di follia che l’aveva perseguitato nei suoi sogni. E per un attimo si chiese se fosse accaduto tutto in una notte o si fosse prolungato per giorni interi, mesi di sonno tormentato e sogni deliranti.
Terminò l’urlo col fiatone, e a quel punto tutto ciò che desiderava era alzarsi, per davvero, per la prima volta dopo vari tentativi.

 
Non appena i suoi piedi toccarono il pavimento subito alla sinistra del suo letto, sentì qualcosa di una strana consistenza sotto i piedi, come se avesse calpestato qualcosa di friabile che lo aveva sporcato, e allo stesso tempo sentì un leggero formicolio sul dorso del piede. Abbassò la testa per guardare.
Il pavimento di tutta la sua casa era totalmente ricoperto di insetti, gli stessi che poco tempo prima o secoli addietro uscivano in gran quantità dal suo frigorifero.
Alzò la testa al cielo e un nuovo urlo, questa volta di disperazione purissima, uscì di corsa dal suo petto con violenza inaudita.
Il soffitto cominciò come a sgretolarsi, lentamente, come se quel suono insostenibile l’avesse investito, e le sue mani corsero ai due lati del viso, stringendolo, affondando le unghie nella carne.
Billy sentì come se la sua pelle stesse scivolando via sotto quella pressione, come se il suo stesso viso si stesse squagliando. Ma non provava alcun dolore.

 
-Quando una vera idea di me stesso compare nella tua mente, non potrai comunicarla al mondo esterno. Io non entrerò mai a far parte per davvero della tua conoscenza, te l’avevo detto, e questa ne è la prova. Avevo annunciato anche questo- quella figura, ora ben definita e coperta da un lugubre saio, ricomparve alla destra di Billy, proprio vicino alla fine del letto dove il ragazzo era ora seduto, finito -Ora vieni con me, lasciati andare. Non c’è più niente da fare, non c’è più posto per noi qui. Dammi la mano-.
Scoprì la testa e si rivelò, aveva, per la seconda volta, lo stesso viso di Billy, identico in ogni particolare. Gli insetti camminavano su quella figura senza causargli alcun fastidio. Allungò la mano sinistra verso il ragazzo, che aveva da poco smesso di urlare ed era divenuto calmo come mai prima d’ora, una calma piatta, che sapeva di morte a giudicare dal suo sguardo, privo di ogni pulsione di vita.
Billy si alzò, aveva una espressione priva di ogni significato stampata in viso. Girò il suo corpo verso quella figura, si avvicinò ad essa e appoggiò la sua mano destra sulla sinistra dell’altro.
La figura vestita con quel monocromatico abito indicò il muro alla sua destra con la sua mano libera. A quel semplice gesto il muro vibrò come quando un sasso cade in uno stagno, e un altro portale si aprì.
La figura misteriosa lanciò un sorriso a Billy. Fecero un passo avanti e scomparvero entrambi. Il portale si chiuse alle loro spalle.

Gli Aldilà – Capitolo 4

Pubblicato: 19 agosto 2009 in Gli Aldilà
Ancora un altro piccolo sforzo e ci siamo…
 
 
Capitolo 4

 
Non poteva andare avanti così. La sua testa non poteva subire ancora quelle torture oniriche.
Piangendo, tirò due pugni con la mano destra al freddo pavimento. La disperazione dei suoi sogni era perfettamente espressa da quelle lacrime, da quella bocca aperta e come spastica, che perdeva saliva filacciosa come per simpatia verso gli stessi occhi.
Si fece forza, ancora, per l’ennesima volta, puntò le braccia a terra e si mise in ginocchio. Come una leggera brezza gli sfiorò il collo, un venticello che gli fece provare un brivido piacevole.
Gli occhi smisero di colpo di versare acqua, e il ragazzo si girò verso il salotto: la finestra alle sue spalle era spalancata, e quel soffio leggero arrivava ad accarezzarlo proprio entrando da lì.
Notò le prime, debolissime luci, che annunciavano l’arrivo prossimo dell’alba. Sorrise, e i suoi occhi cambiarono definitivamente espressione.
Si alzò in piedi, e passò a controllare il resto della casa: la porta d’ingresso era spalancata, e per un attimo non seppe se doveva esserne felice o doveva preoccuparsi anche di quello.
Passò al setaccio tutte le altre stanze, e tutte le porte e le finestre erano totalmente spalancate, senza più alcun segno di quelle gigantesche e macabre catene e assi di legno presenti fino a poco prima.
Tornò a fermarsi tra salotto e camera da letto, immobile, indeciso, non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa stesse succedendo per davvero.
Dopo qualche secondo la sua testa decise di trasportarlo via, di uscire da quell’appartamento per verificare il suo stato di veglia, per accertarsi che anche il mondo all’esterno si fosse svegliato con lui.
Uscì di fretta dalla porta, e subito dopo girò a destra, infilò le scale e si precipitò di sotto.
Dopo due rampe l’aria cominciò a farsi più fredda, la luce diminuiva, come se alcune finestre si stessero chiudendo. Billy notò che anche respirare era divenuto quasi più faticoso, e la vista era come appannata da un sottile velo di nebbia.
Queste nuove sensazioni si andavano accentuando man mano che scendeva giù: dopo la terza rampa solo un po’, alla quarta rampa di scale tutto si fece più faticoso.
Ed eccolo, alla quinta rampa di scale. Il portale era lì ad aspettarlo, come una grande bocca che aveva già inghiottito parte del palazzo, era fermo lì alla fine di quella rampa, nessuna via di uscita.
Billy si fermò e scivolò su quei gradini, riuscendosi ad aggrappare alla ringhiera alla sua destra. Lanciò un urlo smorzato, cercò di alzarsi per scappare di nuovo in casa e stavolta chiudersi a chiave in essa. Ma non ebbe il tempo nemmeno di alzarsi completamente.
Il portale, proprio come una bocca famelica, si slanciò in avanti, finendo di inghiottire gli scalini, e anche il povero ragazzo.

 

 
Si ritrovò di nuovo nell’oblio.
Cadeva, nell’oscurità più totale. Cadeva come una piuma, leggerissimo. Chiuse gli occhi, non ne aveva alcun bisogno, e qualche lacrima scivolò sotto le sue ciglia, come un passeggero che abbandona un aereo che sta per schiantarsi, finché è in tempo.
Solo dopo quella che gli sembrò un’eternità, atterrò su qualcosa di soffice, adagiandovisi delicatamente.
E poi di nuovo lì. Sveglio, nel bel mezzo di un incubo. O di qualcosa estremamente simile.
Il terreno ai suoi piedi era di un colore rosato soffuso, molto malleabile. L’ambiente intorno invece era di un grigio chiaro non particolarmente freddo.
Si alzò: i suoi piedi sprofondarono un po’ in quello strano terreno. Si guardò intorno, meno preoccupato del solito, stava iniziando a rassegnarsi. Solo urlò forte, urlò “dove sono”.
Non c’era assolutamente nessuno in vista, ma sapeva che il suo solito ospite si sarebbe rivelato di lì a poco, come aveva fatto fino ad allora.

 
E non si sbagliava. Poco dopo tre solide ombre comparvero davanti a lui. Notò che oltre loro quello strano pavimento si rialzava in due promontori, due monti rosati.
L’ombra alla sua sinistra si avvicinò, e man mano che marciava verso di lui cominciava a prendere forma.
Cominciò a svelarsi a partire dai piedi, e quella spessa coltre di nebbia che ricopriva quella figura cominciò a diradarsi salendo: a giudicare dalle gambe, Billy capì che si trattava di una donna, e una volta scoperte anche le cosce capì che doveva trattarsi di una bella donna, mulatta.
Man mano quel grigiore scomparì del tutto, proprio quando quella figura gli si fermò davanti: era una ragazza splendida, dalle forme perfette, seno abbondante, coperta solo da un provocante intimo nero. Il suo viso, pieno di malizia, lo guardava con un sorriso concupiscente. Aveva capelli vaporosi, gonfi, e cominciò a toccarseli.
Billy era disorientato, ma questa volta per un motivo differente: fino ad ora in quei sogni aveva vissuto solo esperienze terrificanti, mentre ora si ritrovava davanti una visione a dir poco piacevole, per quanto dotata di una carica sessuale quasi malvagia.
E rimase bloccato ancora di più, quando quella si mosse e gli si avvicinò. Una mano si fermò sul suo petto, mentre il resto del corpo lo sfiorò rimanendo in contatto con lui. Il seno di quella donna infine si schiacciò sul corpo del ragazzo, mentre le labbra carnose di quella misteriosissima figura si avvicinarono alle sue orecchie, e dopo un flebile gemito dissero, con voce appena percettibile: “L’amore è tutto ciò di cui hai bisogno…”.
Billy, ancora con la bocca aperta, si girò piano verso quella, e notò che il suo viso era cambiato, il suo sorriso era divenuto di colpo più amorevole, e meno intriso di messaggi sensuali.
La donna a quel punto si spostò, e continuò a camminare fermandosi a pochi passi dalle spalle di Billy, che continuava a fissarla incredulo.
Nel frattempo si girò nuovamente a guardare davanti, e notò che l’ombra alla sua destra si era già incamminata verso di lui. Anche in questo caso, la nebbia si diradò lentamente dal basso verso l’alto, e infine si fermò davanti a lui un’altra ragazza: anch’essa a dir poco perfetta, ma totalmente opposta alla precedente.
Si trattava di una donna di carnagione molto chiara, capelli biondi, abbaglianti, lunghi e ondulati, anche lei sfoggiava un fisico a dir poco invidiabile, e anche lei aveva un seno molto pronunciato. Vestiva di solo intimo, come la precedente, ma bianco, di pizzo, un po’ più casto dell’altra piacevole visione che aveva sfilato poco prima davanti agli occhi del ragazzo.
Angelica, fu il primo aggettivo che venne in mente a Billy: in effetti la figura che gli si parava dinnanzi era proprio una di quelle che solitamente si associa con le descrizioni di tali creature mitologiche.
Si fermò davanti a lui, a pochi passi, e il suo sorriso, oltre ad essere radioso, esprimeva una dolcezza appagante.
Anche lei si avvicinò a lui, questa volta fermandosi davanti al giovane. Era di poco più bassa di lui, una donna piuttosto alta. Le sue candide braccia salirono per appoggiarsi sulle spalle del ragazzo e poi riunirsi dietro al suo collo, in una sorta di abbraccio largo.
Quella favolosa creatura si alzò sulla punta di un piede per baciare sulla fronte Billy, continuando poi a sorridergli, un sorriso che infondeva tenerezza. A quel punto si avvicinò di più al suo corpo, anche lei sfiorandolo sensualmente, per avvicinarsi al suo orecchio destro e sussurrargli: “il sesso è tutto ciò che vuoi…”. Il suo sguardo si fece alquanto libidinoso, opposto a quello precedente.
Poi, proprio come l’altra ragazza, si allontanò dal giovane per oltrepassarlo e fermarsi poco dietro di lui, subito di fianco l’altra straordinaria creatura comparsa dalla nebbia.

 
A quel punto fu il momento per la terza figura grigia, quella che inizialmente era posta al centro, di muoversi.
Dopo soli pochi passi la nebbia scomparve velocemente, e rivelò una figura molto probabilmente maschile, a giudicare dalla corporatura, non molto robusta ma dotata di spalle leggermente più larghe dei fianchi. Ma quelle apparenze furono inutili. Non appena la nebbia svanì Billy notò che quella figura non aveva un vero e proprio viso, né un vero e proprio fisico o qualsivoglia tipo di vestito addosso: era come se potesse cambiare in continuazione ogni angolo del suo corpo.
Nel giro di un secondo, quella creatura poteva acquisire un nuovo naso, una nuova manica, una mano differente, dei capelli di colore opposto al precedente, e così via, e tutto cambiava in modo asincrono, e tra gli elementi presenti su quel corpo erano presenti sia caratteristiche maschili che femminili.
-So che potrà lasciarti sbigottito questa mia nuova forma- la voce di quella figura era proprio la solita voce che continuava a perseguitarlo dall’inizio di quei sogni senza fine -ma volevo soltanto accontentarti. Tu mi hai chiesto di spiegarti cosa o chi sono. Questo è il massimo davvero che posso fare per accontentarti. Per classificare ciò che gli si presenta davanti agli occhi, l’uomo deve sempre cercare di rendere simile a lui qualcosa.
Tu hai bisogno di una rappresentazione antropomorfa di me. Di una creatura che, in fin dei conti, vive solo nella tua mente, nient’altro che un’idea.
Idee per l’appunto, che nascono nella mente dell’uomo e che formano l’uomo, tanti mattoni con un nome diverso dal solito, che invece di costruire edifici, vanno a montare ciò che noi chiamiamo personalità, carattere, ego, con i diminutivi e gli accrescitivi del caso.
Non è la stessa vita un’idea? Ognuno concepisce la propria vita come desidera, in barba alle idee di sottomissione altrui, che ai giorni nostri chiamano religione, moda, denaro, e via di questo passo.
“Penso dunque sono” si diceva, giusto? Ma anche sono, di conseguenza posso pensare. Pura transitività.
Quando non sarò più, dunque, essenzialmente potrei dire “non penso”. Mi limito a non fare questo principalmente.
La vita è un’idea da pensare mentre lei stessa scorre. La morte è il non poter pensare più. Ma non prendermi alla lettera. Io, ti ripeto, sono solo un’idea, un essere che vive dentro di te. Ciò significa, seguendo il mio stesso discorso, che sono vivo. Sono presenza di pensiero, non sua assenza, le mie dunque sono solo supposizioni su ciò che la morte può essere.-
-Io vorrei solo capire dove stai cercando di portarmi…- Billy si limitò a sussurrare quelle parole.
-Voglio solo portarti con me. È soltanto arrivato il tuo momento, il nostro momento. Abbiamo tutti i nostri limiti, limiti definitivi, che in nessun modo possiamo valicare.
Amico mio, la vita è così complicata, non trovi? È tutto così relativo, così incerto, così reale e allo stesso tempo assurdo. Passiamo l’esistenza in cerca di valori a cui aggrapparci: famiglia, soldi, amicizia, amore, sesso, le nostre stesse idee sono intrise della nostra immagine di ciò che vale. Pensiamo solo ciò che vale essere pensato. È lapalissiano anche questo, non trovi?
Qual è il vero valore della vita?
Cosa ci spinge a vivere? Cosa ci da quella pulsione alla vita a tutti i costi, a temere la morte anche quando siamo sicuri di non averne alcuna paura?-
-Noi siamo in vita, non in morte…O perlomeno, non possiamo saperlo. La morte è oscura, sconosciuta, è questo che ci fa paura…- Billy intervenne timidamente. Ma quelle parole sgorgarono spontanee dalle sue labbra.
-Giusto, la tua osservazione era ciò che volevo sentire. L’essenza stessa. Noi siamo vita. Non siamo più in morte. Io sono un’idea, te l’ho detto. Questa idea. E a quanto pare sono riuscito a risalire la struttura della tua mente. Ero nascosto nel profondo del tuo inconscio, non potevi conoscermi eppure c’ero.
Ora invece tu sei consapevole della mia esistenza. Ma ora c’è un altro passo: noterai che non potrò mai per davvero entrare a far parte della tua coscienza, mai toccare il mondo esterno, mai entrare a far parte della tua conoscenza vera e propria.-
-E come…cosa deve accadere ancora?- il tono di voce di Billy era ancora sfinito, arrendevole.
-Niente- disse in modo asettico la figura misteriosa -devi solo provare a svegliarti-.

 
Billy si librò nell’aria a velocità elevatissima, potendo ora vedere dove si trovava poco prima: un enorme e perfetto corpo femminile, disteso, con le braccia incrociate dietro la testa. Senza volto.

Gli Aldilà – Capitolo 3

Pubblicato: 12 agosto 2009 in Gli Aldilà
E in questa grande, infinita, immensa giornata di merda, eccovi il terzo capitolo di sto cazzo di racconto, tanto per gradire…
 
 
Capitolo 3

 
Le sue mani corsero alla testa per chiudersi tra i capelli e stringere fino a spremere la scatola cranica, come per cercare di far uscire quei sogni, lucidi e spaventosi, dalla sua mente.
E il primo effetto di quella terapia drastica fu un urlo squassante, viscerale, che risuonò tutto intorno propagandosi probabilmente anche agli appartamenti vicini.
Billy scese di nuovo dal letto, accompagnato al solito dal suo affanno, come se quelle visioni pazzesche lo avessero inseguito fino ad allora.

 
Corse di nuovo a controllare la porta d’ingresso: peggiorava. La sua situazione peggiorava a vista d’occhio.
Tutto ciò che riuscì a vedere di quella porta fu solo un piccolo triangolino: il resto era totalmente coperto da catene spesse quanto un braccio, arrugginite.
L’affanno non accennò minimamente ad abbandonarlo, si guardò intorno e vide le finestre del tutto sprangate. Non c’era possibilità di fuga. Si spostò di nuovo nelle altre stanze, passando per il bagno, e anche lì, tutto era ermeticamente sigillato dall’interno.
Quando tornò nella sala principale si fermò tra il salotto e la penisola che divideva quella zona dalla camera da letto, si girò verso quest’ultima e, per la terza volta, quell’oscuro portale era lì ad attenderlo, proprio sopra il suo amato letto a due piazze, come ad invitarlo verso l’unica via di fuga, per quanto oscura e sconosciuta.
I muscoli del collo cominciarono a contrarsi lentamente mentre gli occhi fissavano la parete posta dietro al letto, e solo dopo pochi secondi riuscì a muoversi.
In quell’istante i muscoli del collo diventarono come le corde di uno strumento, tesi all’inverosimile, e quel suo momento di immobilità fu solo un muto istante che fece da preludio allo scatenarsi della sua rabbia, che si manifestò con un grido rivolto verso quell’odiato buco.
A quel punto fu un attimo: tutti gli oggetti presenti nel suo appartamento furono vittima della sua ira, e vennero tutti scagliati contro il foro nel muro. Le sue sedie, il suo posacenere, tutto quello che ritrovava a portata di mano finì per scomparire in quel passaggio.
Finché la furia, dettata dalla paura verso quel qualcosa così sconosciuto ma che continuava a perseguitarlo (nei suoi sogni? Nei suoi incubi? O nella sua vita?), non lo spinse a buttarsi di nuovo, per la terza volta, in quell’oscurità circoscritta comparsa in un nuovo punto di casa sua.

 

 
Questa volta lo scenario che gli si parò davanti non era molto diverso dal precedente. La lunga pianura dai colori malsani e dalle forme non umane era di nuovo lì, presente davanti ai suoi occhi. Ma questa volta all’orizzonte non notò quei tagli follemente arrotondati rappresentati da piccole collinette che comparivano ogni tanto come disegnate.
Questa volta davanti ai suoi occhi si stagliava un paesaggio fatto di linee perfette, come dei terrazzamenti ritagliati con nessuna sbavatura nel terreno, senza bisogno di alcun muro a secco o di qualche altro espediente di origine umana.
Quando alzò la testa al cielo notò gli stessi colori di prima, ma questa volta anche quelle presunte stelle che aveva notato nella “visione” precedente avevano un qualcosa di molto differente: lasciavano un ampio alone intorno al loro corpo principale, ma non un tipico alone di luce, quindi rotondo, bensì un quadrato luminoso. Un perfetto quadrato dagli angoli smussi.
Era come se quel luogo, che prima aveva visitato, avesse aggiunto a quella sua morbosa follia, intrisa nei suoi colori e nelle sue forme, una dose di fredda e precisa matematica grazie a quelle forme geometriche così inaspettate ma allo stesso tempo facenti pienamente parte della natura.
E ancora, nonostante si trattasse del suo terzo viaggio in quella sorta di dimensione parallela, e per la seconda volta si trovava in un luogo apparentemente uguale al precedente da lui visitato, si sentì disorientato in un posto così lontano dalla realtà che ognuno di noi è abituato a vivere.

 
Mosse appena due passi in quel luogo nuovo, poi si fermò di colpo in preda al panico: una enorme massa grigia e perfettamente cubica cadde dal cielo, fermandosi a una grossa distanza da lui. Doveva pesare moltissimo, a giudicare dal rumore prodotto all’impatto col suolo e alle vibrazioni che arrivarono forti fin sotto ai suoi piedi.
Billy rimase totalmente immobile, e solo la sua testa continuava a cercare qualcosa che potesse spiegare il segreto di quel luogo, e cosa fosse quella sorta di masso appena atterrato, ennesimo mistero apparso dal cielo profondo di uno spazio indeterminato.
Ma se proprio una soluzione poteva essere nascosta da qualche parte, di certo il giovane non ebbe il tempo di trovarla: dopo pochi istanti un altro masso enorme cadde, questa volta più vicino. Di nuovo il tonfo fu assordante, e la terra tremò scuotendo il ragazzo basito. Di nuovo, l’enorme masso dalle forme perfette cadde senza rimbalzare né capottarsi.
Da quel momento in poi, una pioggia di quei pesantissimi macigni cominciò a cadere a gran velocità sul suolo, e tutti fecero tremare quello scenario inumano che però riuscì a resistere: non una crepa si formò su quel terreno così liscio.
Billy indietreggiava sempre più, con la forte paura che uno di quegli enormi oggetti potesse finirgli addosso, e si fermò soltanto quando quella specie di grandinata anomala smise di infondergli terrore, fermandosi d’improvviso.
L’ultimo, fortissimo, spavento fu causato dall’ultimo masso, che in quell’attimo di pausa gli cadde a pochi centimetri di distanza, subito di fianco alla sua spalla destra.
Il ragazzo smise di respirare, si bloccò e solo i tremori che pervasero il suo corpo scuotevano leggermente la sua figura.
Il suo cuore batteva a mille, e tutte le belligeranti intenzioni che aveva quando entrò in quel buco l’ultima volta si dissolsero definitivamente quando quell’enorme blocco lo risparmiò fermandosi a qualche centimetro dalla sua figura.

 
Cadde all’indietro e cercò di allontanarsi aiutandosi con braccia e gambe, ma non si spostò più di tanto poiché i tremori che continuavano a pervaderlo non accennavano ad abbandonare il suo corpo.
Dopo pochi istanti si udì di nuovo quella voce, invadente suono presente in tutti i suoi strani viaggi onirici (eppure così reali).
-Di cosa hai paura?- disse, ma il ragazzo non riuscì ancora a rispondere -in fondo non è cambiato nulla. Eri già stato in questo luogo poco fa, non ricordi?-
In quell’istante tutti quegli enormi massi cominciarono a muoversi, come a saltare, seguendo, ognuno di essi, una propria direzione in linea retta.
Billy si guardò di nuovo intorno, cercò di non fare caso al tremendo frastuono prodotto da quelle strane pietre perfettamente tagliate e trattenendo l’affanno cercò di parlare: -è cambiato…è cambiato tutto. Assomiglia al posto in cui mi sono ritrovato prima, ma non è quel posto. E tu…qualsiasi cosa tu sia, sei differente, sei l’opposto di come ti presentavi precedentemente.-
Una risata, ancora, per l’ennesima volta, scaturì da quel grosso cubo pesante, che non aveva alcuna apertura che potesse ricordare vagamente una bocca o una qualsiasi fessura che assomigliasse a un qualche lineamento facciale tipicamente umano.
-Cosa hai da ridere- gridò il giovane Billy, ma il suo tono non fu intimidatorio, quanto esasperato.
-Oh sapessi quanto fa ridere, vedervi così deboli, vi lasciate ingannare dai vostri occhi, ma avete bisogno di quell’inganno per vivere. Non vedi tutti questi esseri in movimento quanto sono umani? Tutti uguali, tutti uniformati, tutti così “semplici” da comprendere nel loro incedere.
Quelli che hai davanti sono tutti uomini, nient’altro che uomini. Ti risulta così difficile riconoscere quelli che sono tuoi simili?-
Nella testa del povero ragazzo cominciò a formarsi la parola “smettila”, e si ripeté talmente tante volte che dopo poco si ritrovò ad urlarla.
-Smettila! Prima vieni a dirmi che l’uomo è una figura tremolante, poi spari fuori che è una creatura semplice, banale. Smettila di fare e disfare! Smettila smettila!-
-Smettila tu di frignare. Ti sto solo dicendo la verità: l’uomo è proprio così, insondabilmente semplice. Non siamo capaci di scrutare a fondo dentro di noi. Per questo siamo tanti enigmi. Potremmo essere molto più “infiniti” di quanto immaginiamo, ma ci limitiamo. Ci limitiamo in tutto, ci limitiamo ad essere semplici soprattutto.
Abbiamo paura della morte, e non ci rendiamo conto che è una fase fondamentale della nostra vita. Sentiamo il bisogno di cancellare quegli avvenimenti, solo per poi ritrovarci impreparati dinnanzi a quelle che noi chiamiamo tragedie immani. È incredibile quanto riusciamo ad essere stupidi, non trovi?-
-Cosa diavolo c’entra questo con me? E soprattutto cosa c’entra con la mia domanda: non mi hai ancora spiegato chi o cosa tu sia.- lo sguardo di Billy tendeva all’esasperazione ancora una volta. Era intrappolato in un luogo sconosciuto, solo circondato da strani oggetti animati, uno dei quali in grado di parlare ma invece di aiutarlo riusciva solo a far sorgere nuovi enigmi.
-Oh certo che ti interessa, è solo che non vuoi capire. È perché sei umano. Proprio come tutti gli altri. Niente di più. Non una grande perdita insomma.-
Il ragazzo, a quelle parole, si alzò infuriato, e cominciò a colpire con tutta la sua forza quell’inamovibile blocco di pietra levigato. Il vigore nei suoi pugni, la forza impressa nei suoi calci, si trasformavano soltanto in dolore.
Ma nemmeno più quello era ormai capace di sentire.
-Soltanto inutile. Non una grande perdita davvero.- Dopo aver pronunciato quelle parole, il grosso blocco parlante si sollevò velocemente, quasi come se avesse spiccato un balzo, come i suoi simili stavano facendo da tempo.
Billy smise subito di colpirlo e lo seguì con lo sguardo, ma quando notò la traiettoria di quel suo strano interlocutore si spaventò nuovamente: non riusciva a muoversi, e cercò di gridare ma tutto ciò che venne fuori da lla sua bocca fu un sibilo soffocato.
Il macigno, con quel suo balzo, mirava a schiacciarlo. I movimenti di quello divenirono come rallentati, Billy cominciò a piegarsi verso il terreno ma inesorabilmente il pesante blocco si avvicinava.
Lo sentì chiaramente, spingergli con forza le braccia all’indietro, colpirgli la fronte per poi spingerlo a terra.

 
E in quell’istante, per la terza volta, Billy si svegliò, questa volta cadendo dal letto.